In questo articolo vorrei raccontarti la mia esperienza: come sono diventata vegana.
Credevo di amare gli animali fin da piccola, ma con loro mi divertivo a giocare, soprattutto con vermi e formiche. Li catturavo, li chiudevo nei barattoli di vetro e li studiavo per giorni, per impararne i comportamenti.
Pensavo che nella vita sarei diventata biologa o anche veterinaria. Ma con il passare del tempo mi resi conto che non faceva per me.
Ma come si diventa vegani?
In realtà, non c’è una regola da seguire o rispettare. È un cambiamento rivoluzionario che avviene in ogni singolo individuo, che mette in discussione le proprie conoscenze. C’è chi diventa vegano da un giorno all’altro, e chi come me impiega molti anni. L’importante è l’arrivo e la consapevolezza che non ti farà più tornare indietro.
Come sono diventata vegana?
Sono cresciuta in una classica famiglia italiana che consumava pesce, carne, uova e latticini. Mia madre amava cucinare, quindi non lavorando, il suo obiettivo era quello di preparare delle pietanze buone e bilanciate. Realizzava i dolci fatti in casa, (poche volte mangiavo le merendine acquistate al supermercato), preparava i succhi di frutta, la pasta fatta in casa e le conserve.
L’ereditarietà delle scelte alimentari
Mia madre non comprava mai cibi precotti o surgelati: la carne dal macellaio, il pesce in pescheria, il latte sempre fresco, con durata massima di tre giorni, e le uova possibilmente locali. In più, i miei nonni avevano un orto con il quale alimentavano le famiglie dei loro 5 figli. Terreni con alberi di arance, mandarini e limoni. Nel terreno della mia casa nativa avevamo 3 alberi di melograno, un ciliegio e degli alberi di cachi.
In Calabria, ogni anno purtroppo si realizzava il salame con animali allevati da mio nonno. E molte volte i miei zii preparavano il formaggio.
Sono cresciuta senza conoscere il termine “allevamento intensivo”. Pensavo che la mia alimentazione fosse perfetta, perché metterla in dubbio? Non avevo alcun motivo.

Il rito dell’uccisione del Maiale in Calabria
Per tradizione, ogni anno, a gennaio (puntuale per il mio compleanno) la mia famiglia celebrava l’uccisione del maiale. Un rito della tradizione calabrese ancora in voga. Tre giorni di “festa”, nei quali dopo aver allevato per mesi dei maiali, si uccidevano senza alcun scrupolo, perché la tradizione lo richiedeva.
Ricordo ancora le urla di quei poveri animali, rimbombano nella mia testa. Mi nascondevo sotto al letto con le dita sulle orecchie, e premevo forte per non far trapelare alcun suono.
Eppure, una volta visto il maiale morto…per me diventava tutto “normale“…
Iniziavo infatti, insieme alla mia famiglia, a ridurre quella povera creatura in piccoli pezzi, e a preparare quei prodotti tipici, che hanno reso la Calabria una terra conosciuta per tale produzione.
Ricordo ancora l’odore forte del sangue, che veniva raccolto per fare il sanguinaccio, la fase in cui si preparavano le cotiche, eliminando i peli dalla pelle, e tante altre procedure che non sto qui a raccontare.
Lasciare casa: le conseguenze
Quando a 18 anni decisi di studiare nelle Marche, lontana da casa, pur avendo la passione per la cucina, acquistavo i beni di prima necessità al supermercato. Poche volte trovavo il tempo per andare in macelleria o in pescheria.
Sul mio fisico pian piano iniziarono a manifestarsi i primi sintomi di disturbi alimentari. Mi capitava spesso di stare male subito dopo aver mangiato, conseguenza gonfiore addominale.
All’età di 24 anni iniziarono a manifestarsi i primi malesseri più gravi. Mi capitava di mangiare determinati alimenti e subito dopo qualche ora, vedere comparire sulla mia pelle delle macchie rosse, delle lesioni cutanee. In più avevo tanto prurito e nei casi peggiori la bocca si gonfiava.
La scoperta dell’allergia al nichel
Dopo una serie di controlli e analisi, tra dermatologi e allergologi, mi era stata diagnosticata l’allergia al nichel. E da qui che inizia pian piano il mio cambiamento, guidato per lo più dalla ricerca di un benessere fisico.
Conseguentemente l’allergologo mi aveva stilato una lista di alimenti da escludere. Aveva eliminato dalla mia alimentazione le verdure, i legumi, la frutta secca, tutte le farine integrali, i semi oleosi e i crostacei.
In tutta onestà, decisi di seguire la sua dieta per 6 mesi. Mangiavo solo riso in bianco e carne. Persi sei chili e continuavo a stare male. I medici, infatti, mi avevano comunicato che l’allergia, (non intolleranza) sarebbe durata tutta la vita. Queste indicazioni derivavano da una serie di esami (patch test) che confermavano un’allergia di grado 4 su 5.
Una notte finii anche al pronto soccorso per via della reazione allergica, e impiegai più di 12 ore per sgonfiarmi.
L’importanza di ascoltare il proprio corpo
Ma io testarda come un capricorno, non potevo accettare le decisioni prescritte. Anche perché avevo iniziato da tempo un’alimentazione vegetariana. Allo stesso modo avevo paura di non nutrire il mio corpo correttamente.
Così decisi di contattare una nutrizionista. Mi seguì per circa 6 mesi. Sul mio corpo vedevo i primi miglioramenti, ma ancora non stavo bene. Da vegetariana avevo iniziato a informarmi sulla situazione degli animali, ma non mi ponevo molte domande.
Pensavo che il non mangiare carne e pesce fosse già abbastanza. Stavo salvando tantissime vite e mi sentivo apposto con la coscienza. Pensavo che diventare vegano era troppo estremo, e con gli amici? con la famiglia? Sarebbe stato un caos, e andavo avanti senza pensarci troppo.
Le amicizie
Gli anni passavano ma io non stavo bene. Nel mio percorso di vita, in questo trambusto avevo conosciuto Giulia, la mia collega di master. Prendevamo il treno insieme, io salivo a Pesaro e lei a Rimini, diretti a Bologna. Lei era vegana, ma non mi destava molta curiosità. Ero troppo concentrata su me stessa. Continuavo a pensare alla salute e non al benessere degli animali. Però credo sia stata la prima crepa creata nel mio percorso.
La negazione della realtà
Non volevo vedere i video, mi rifiutavo. Ma perché? Non era normale rifiutarsi di vedere i video degli animali maltrattati, anzi mi innervosivo quando qualcuno cercava di coinvolgermi. No, non era normale. Così decisi di informarmi leggendo dei libri. Mi ritenevo una persona sensibile, vedere mi avrebbe sconvolto.
Troppi fattori, la salute, gli animali, l’ereditarietà genetica. Che confusione!
Gli eventi ti cambiano la vita
Nel corso degli anni, ho assistito a diverse perdite premature nella mia famiglia. Sono eventi inaspettati, che nessuno vorrebbe affrontare. La scelta di seguire una dieta vegetale, con il passare del tempo, è dipesa anche da questi spiacevoli eventi, che mi hanno privato delle persone a me care.
Il 22 luglio del 2017 morì mio padre. Mi ha lasciato all’età di 60 anni colpito da un attacco cardiaco. Stessa cosa accadde a suo padre all’età di 57 anni e a sua madre che ci lasciò all’età di 68 anni. Ancora prima dei miei nonni, la mia bisnonna Rosa, morì all’età di 55 anni perché malata di cuore.
Pensai quindi, che i geni della mia famiglia fossero portatori di malattie al cuore e, iniziai a leggere libri sul vivere sano. Scoprii della correlazione tra le malattie cardiache e una corretta alimentazione.
Campbell, nel libro “The China Study” spiega come secondo diversi studi scientifici, una dieta a base di cibi naturali di origine vegetale, possa prevenire e curare le cardiopatie.
Il quarto principio di alimentazione e salute che Campbell espone nel libro The China Study afferma che:
I geni non determinano da soli la malattia: funzionano solo se vengono attivati o espressi e la nutrizione riveste un ruolo decisivo nel determinare quali geni, buoni o cattivi, debbano essere espressi.
Vivere il cambiamento: la scelta finale
Un giorno, non ricordo bene quando, decisi che non potevo più continuare ad ignorare la verità. È vero, il mio percorso è stato guidato da un’esigenza salutistica, ma se avessi seguito letteralmente le indicazioni dell’allergologo, con un’alimentazione a base di carne, pesce e latticini, non sarei mai arrivata a questa consapevolezza.

La rivoluzione
L’attivismo con Essere Animali e Anonymous for the voiceless mi ha solo aiutato a capire l’importanza di testimoniare. Ho capito quando è importante aiutare gli animali e quanto fosse assurdo privilegiare gli animali domestici rispetto a quelli d’allevamento.
Anche se ho impiegato 30 anni prima di scegliere uno stile di vita vegano, posso affermare con gioia che sono felice della scelta che ho intrapreso. Mi sento ogni giorno soddisfatta di non contribuire allo sfruttamento animale. In più, non mi sento sola, perché so che ci sono tantissime persone come me che combattono ogni giorno per salvare gli animali.
Ricerca e dialogo
Non importa da dove parti, non importa il percorso che devi affrontare, se è per salute o per consapevolezza, l’importante è arrivare al traguardo. Ognuno di noi vive la propria esperienza, che ritengo fondamentale condividere. Se ognuno di noi fa un piccolo passo, insieme possiamo fare la differenza.
Questa è la mia esperienza, di come sono diventata vegana. Se ti va, raccontami la tua, soprattutto se inizierai a seguire uno stile di vita vegano. Sono qui ad ascoltarti.
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